Sto trattenendo le lacrime…che mai come in questo periodo sono di rabbia.
Comincia così, il messaggio di Ilaria, che risponde alle mie stories su Instagram condividendo il suo sconforto. Quando ho aperto il Breakfast Club (come risultato del primo, interminabile lockdown), desideravo creare un luogo sicuro in cui i liberi professionisti potessero sentirsi liberi davvero, anche di aprirsi e raccontare le proprie sfide, le proprie incertezze, senza paura, mai.
Ho parlato un po’ con lei e al termine della nostra chiacchierata, che per me è stata un pugno nello stomaco, le ho detto che mi sarebbe piaciuto condividere la sua storia anche qui. Perché gli altri, tutti i freelance, si sentissero meno soli, in questo momento. E perché credo che sia fondamentale, ora, parlare e confrontarsi.
Lo sapete, sono sempre stata per i messaggi positivi. Per l’incoraggiamento nei momenti difficili. Per la motivazione e il sostegno quando il gioco si fa duro. Credo anche, però, che ora ci sia un gran bisogno di verità.
E la verità, adesso, è che siamo in difficoltà.
Non tutti, certo, e alcuni più di altri subiscono e subiranno conseguenze a dir poco drammatiche sul proprio lavoro. Tra le categorie penalizzate e colpite, comunque, figuriamo anche noi. Le partite IVA. I creativi. Grafici, illustratori e molti altri. Il post di oggi, comunque, non sarà una presa di posizione e neppure una storia triste su cui piangere.
Ora, più che mai, vogliamo il dialogo. L’apertura. Confrontarci con altri che come noi stanno arrancando, che hanno paura di un futuro incerto.
Non ho una risposta per le domande di Ilaria. Non ho una soluzione a portata di mano per lei. L’unica cosa che posso fare è condividere con voi la sua storia e pormi degli interrogativi, insieme a lei. Guardare a questa situazione con occhio critico. Continuare a cercare. Non arrendermi e dare voce a storie vere.
Così, Ilaria ha deciso di aprire il cuore e raccontarci come sta vivendo questo momento di forte incertezza:
“Dopo 10 anni da freelance, per la prima volta ho commissioni zero sulla scrivania e l’inevitabile dubbio di aver sbagliato tutto. Anche se poi lo so che in realtà la chiusura delle scuole ha pesantemente inciso sulla perdita del lavoro.
“I libri quest’anno non vanno in stampa, congeliamo tutto, se ne riparla a primavera-estate”
Ed è talmente settoriale che, non solo ho visto il mio contratto di esclusiva per un grande editore sfumare, ma non è possibile nemmeno passare alla concorrenza…perché il lavoro è scomparso (e non lo dico solo io, ma anche chi questo mestiere me lo ha insegnato).
Ricevo mail allucinanti, dove la cosa migliore che ti dicono è: “abbiamo bloccato tutta la produzione futura, ma ci piace il tuo lavoro”, alternate a quelle che ti chiedono di illustrare, inventare il progetto grafico, e impaginare (non che correggere la ciano) per la modica cifra di 500 euro, e uno scatoloncino di copie “che poi te le rivendi comodamente da te e ci fai il gruzzoletto”.
Ma il dubbio vero di aver sbagliato tutto mi viene quando guardo Instagram. A vederlo sembra che tutti lavorino tanto, che lavorino solo loro…e a vederlo meglio poi, ci sono due filoni di illustratori: quelli che fanno le cose “alla maniera di”, e quelli che fanno le cose nell’altra maniera. Tutti molto uguali tra loro. Aveva ragione Andrea Alemanno nel dire che il muro del pianto della fiera del libro era il muro del plagio.
E a questo punto la vera domanda è: cambiare rotta (ok, la cambio, mi metto in discussione anche se fa malissimo) ma per andare dove?
Nella vita vale la pena essere autentico o fare le cose “alla maniera di” e portarsi a casa 50 euro?
Io, nelle parole di Ilaria, leggo tutta la rabbia di chi ora non sa da che parte ricominciare. E anche se credo sia sempre possibile, ricominciare, alcune delle sue domande sono anche mie.
Ho vissuto sulla mia pelle i tagli ai budget, i contratti strappati. Ho perso clienti e progetti e ho dovuto fare e rifare i conti, stravolgere il mio business plan e prendere decisioni difficili.
Non amo fare di tutta l’erba un fascio, ma comprendo il suo sconforto, perché ho letto le stesse email anche io. Ed è vero, mi sono ritrovata anche io a contrattare su preventivi recenti con clienti che giocavano al ribasso, perché per molti, ora, qualsiasi lavoro è potenzialmente vitale. Non tutti possono permettersi di dire “no. Lavoro solo al mio prezzo”. E no, non bastano le mensilità erogate da INPS a salvare le situazioni più difficili. Le partite IVA, ora, stanno chiudendo in blocco, maledizione.
Ilaria tocca però un altro punto sul quale vorrei discutere con voi. Ovvero la sensazione che nel mondo dell’illustrazione ci siano troppi professionisti che lavorano “alla maniera di”, sacrificando la propria autenticità per portare a casa lo stipendio.
Lo so, è un tasto dolente, e in questo momento siamo tutti doloranti. Ho sperimentato anche questo, proprio nell’ultimo mese. E plagi e copie camuffate da rivisitazioni in passato. Colleghi che prendevano il mio lavoro e lo modificavano leggermente, raggiungendo poi vette più alte delle mie.
In questi casi, le operazioni (per quanto mi riguarda) sono le seguenti:
- Seguo solo chi reputo autentico, così il mio feed Instagram diventa un luogo di ispirazione e non di competizione (o malumore)
- Quando qualcuno mi copia, cerco di parlarci e capire perché. Se necessario (e nei casi più gravi mi sono ritrovata a farlo) parlo con il mio avvocato
- Faccio del mio meglio per restare fedele a me stessa. Sembra scontato ma non lo è: in una rete invasa di immagini è difficile, perché assimiliamo (anche a livello inconscio) ciò che ci piace e lo rielaboriamo magari senza rendercene conto
Comunque, voglio credere che sia ancora (e sempre) possibile:
- Non rinunciare mai alla propria autenticità, in nome dei valori più alti che ci hanno spinti ad intraprendere il nostro lavoro
- Reinventarsi, anche quando il mondo intorno a noi fa di tutto per piegarci e trasformarci nella copia di qualcuno che ha avuto più successo di noi
- Creare reti di supporto e tendere la mano, sempre, a chi è in difficoltà. Anche se lavora nel nostro stesso ambito e quindi è, per definizione, nostro “competitor”
Perché in questo momento, l’unica sfida che dobbiamo vincere, è contro un nemico comune e più grande.
La rabbia che proviamo, ora, è normale. La paura, anche. E parlarne aiuta. Confrontarsi, dibattere, scontrarsi in maniera costruttiva e porsi domande, anche.
Autenticità, etica, valori. Tre cose che dobbiamo tenerci strette al cuore, ora e sempre.
Ora, la parola a voi.
Come state? Come vi sentite? Cosa ne pensate e di cosa avete paura, ora? Possiamo anche parlarne nel gruppo segreto su Facebook.
Ringrazio Ilaria per aver chiacchierato con me e e per aver condiviso la sua storia. Scopri il suo lavoro su: Instagram, e qui il sito web.
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Leggendo l’articolo mi si spezza il cuore. Sono una vecchia signora che ha sempre creduto nei giovani. Ho sempre cercato, nel mi piccolo, di sponsorizzare e sostenere i giovani creativi. Ed ora vedere come poter seguire le proprie passioni sia diventato così impossibile, mi lascia una tristezza infinita. La realtà è che lo stato non ha pensato minimamente a garantire chi ha deciso di non scegliere un posto fisso. Anche io, che ho avviato un piccolo studio di counseling e yoga, mi ritrovo a combattere con le chiusure è la paura del contagio, ma sono più vecchia ed il mio futuro l’ho già vissuto e posso permettermi una sosta. Mentre voi ragazzi dovete trovare un’enorme risorsa interiore, che certamente ancora è dentro voi. Alimentate questo fuoco interiore e se non potete lavorare normalmente, approfittatene per lavorare su di voi, studiando o quant’altro. Vi salutò e vi auguro un mondo di bene
Elena, grazie di cuore per il tuo commento.
Hai ragione, in questo momento difficile la strada indipendente e creativa sembra ancora più difficile, e la storia di Ilaria spezza il cuore. Speriamo davvero che la situazione migliori presto, e che qualcuno ascolti la nostra voce e faccia qualcosa per incoraggiare la libera professione. Intanto, come dici tu, continuiamo a lavorare su di noi, a studiare, a fare ricerca. E un po’, per quanto possibile, anche a sognare <3
Ecco esattamente così. 12 anni di partita iva e ho zero lavori in corso. La casa editrice con la quale collaboravo attivamente chiusa da maggio e che non mi paga più da allora..due figli da mantenere con lo stipendio di uno solo al momento di mio marito, che fa l’operaio. Lavori sottopagati e sottostimati, non posso nemmeno chiudere tutto e andare a fare la commessa perché non ho nessuno che mi terrebbe i figli…
Elena mi si spezza veramente il cuore a leggere la tua storia, come quella di molti altri professionisti. Mi dispiace infinitamente. Non posso fare molto altro se non mandarti il mio abbraccio da qui. Molto forte.
Grazie cara. L’abbraccio già va bene e questo blog è un modo per sapere che non sono sola. Comunque proprio ora con il
Secondo lockdown ho deciso di non abbattermi e rimboccarmi di nuovo le maniche, non credo nel “se vuoi puoi” perché io vorrei ma non sempre posso, ma credo nel non arrendersi e cercare di darci dentro perché tanto anche se mi metto a piangere le cose non cambiano, allora asciugo le lacrime e ci riprovo ❤️