Martedì 28 giugno 2022, 8.50. 

A Milano non piove, seriamente, da mesi.

Niente acqua nelle fontane per un po’, dicono. Ho paura di questo, ora, e di molte altre cose.

La giornata è cominciata malissimo, con un’emergenza di lavoro e una mitragliata di messaggi ed email che mi invitano a risolvere il problema. 

Faccio una cosa che non faccio mai, salto la colazione e infilo le gambe sotto al computer, ancora in pigiama. 

Rispondo alle email, ai messaggi, lascio un vocale con la mia soluzione.

Alle 9.30 ho appuntamento con Ele, amica e partner di IVA al dopolavoro. Ha deciso generosamente di regalarmi il suo nuovo servizio di consulenza e io amo fare da beta tester, quindi ho accettato di buon grado. 

L’ho fatto anche perché, da un po’ di tempo a questa parte, la mia comunicazione non mi entusiasma. Lei mi conosce e l’ha sentita, la virata durante la tempesta.

Ad un certo punto, spinta troppo a largo dalla corrente, mi sono ritrovata con la mia barchetta di carta a navigare in un mare incazzato nero. Laggiù, in mezzo all’oceano, tempestava eccome. 

Ho tirato i remi in barca e mi sono detta: 

“Ora basta. Non mi espongo più. Racconto il mio lavoro e la faccio finita con i sentimenti”

Lo sapete, se siete qui da un po’, cos’è successo dopo. Il mio focus è cambiato.

Durante la consulenza Ele mi mette in crisi chiedendomi:

“Cosa ti piace, davvero, del tuo lavoro?”

L’unica domanda a cui ho risposto in maniera superficiale e frettolosa, tra quelle proposte nel suo questionario. 

Io lo so, cosa mi piace del mio lavoro. Ma non lo dico ad alta voce perché ho paura e non voglio più lasciarmi andare e mischiare la passione con la professionalità. Porto addosso una ferita che non voglio più stuzzicare.

Molto meglio così, mi sono ripetuta per mesi.

Parlo solo di lavoro. Metto da parte le sensazioni, le emozioni, le paure. 

Devo mostrarmi forte, completa, solida. Inattaccabile. 

Qualsiasi crepa nella comunicazione, seppur impercettibile, rischia di trasformarsi in una porta di ingresso per mostri spaventosi, giudizi non richiesti, fallimenti ingestibili. 

Poi, la convinzione peggiore:

La condivisione di fragilità ed emozioni, anche se ben inserita in una comunicazione “lavorativa”, rischia di allontanare potenziali clienti. 

Qualcuno direbbe, riassumendo: “Il tuo pathos, Giulia, ammazza il fatturato.”

Mentre parliamo si apre la finestra e Cosmo comincia ad abbaiare. Una folata di vento sposta i fogli stracolmi di appunti sulla scrivania. Sembra debba piovere ma ancora nulla.

Mi domando, guardando fuori dalla finestra, se sia questa la cosa che amo del mio lavoro: guadagnare denaro (inserire qui pensiero più che ovvio sul fatto che sì, devo pagare affitto, bollette e compagnia cantante, quindi certo, se il mio lavoro genera profitto non posso che esserne felice). 

Però, del mio lavoro mi piace altro. Ci arriveremo a breve. 

Ho tanti marshmallows sul fuoco, oltre al lavoro vero e proprio con Studio Juice

C’è Toys Ranger, c’è Pizza Funnel. Ci sono le mie Nuvoline e c’è il Club.

Amo tutto, allo stesso modo. Profondamente. 

Il Club, però, resta per me il nodo più grande da sciogliere. Continuo a promettergli grandi cose e poi fuggo via. 

Perché scappo da lui, se ne riconosco il potenziale e l’utilità?

Probabilmente, mi rispondo oggi, perché spesso mi domando ancora “Sono all’altezza?”. Io, freelance in continuo cambiamento, con tutti questi dubbi, posso davvero aiutare altri freelance a fare chiarezza durante le loro tempeste? La mia non è già abbastanza?

Non dovrei essere perfetta, per poterlo fare? Avere una soluzione ad ogni problema? Creare contenuti alla velocità della luce e saper gestire una comunicazione multi-canale senza sforzo? 

Cosmo si nasconde sotto al divano e concludo la mia consulenza con Ele sorridendo. 

La ringrazio perché non mi ha dato soluzioni pratiche, ma mi ha fatto le domande giuste.

Quando clicco su “termina la chiamata” un boato fa tremare la finestra dello studio. 

Esplode un temporale capace di riempire tutte le fontane vuote della città (durerà troppo poco, comunque). 

Ele ha smosso qualcosa dentro di me e mi ha restituito la sua visione della mia comunicazione, da un punto di vista diverso. Guardava la mia barchetta di carta, nell’occhio del ciclone, da uno spiraglio tra le nuvole, dove c’era il sole. 

Mentre fuori diluvia riprendo carta e penna e rispondo, finalmente, a quella domanda. 

Mi piace questo, del mio lavoro: 

Cercare. Ricercare, anche. Che significa cercare di nuovo. Puoi cercare qualcosa di nuovo. Oppure cercare di nuovo qualcosa che avevi trovato, ma che poi hai perduto. 

La mia ricerca diventa poi collezione. Di lezioni, legami, istanti, immagini, storie. Le storie si trasformano dunque in racconto. Vi restituisco ciò che ho deciso di conservare e portare con me, ciò che ho trovato e ritrovato durante la mia ricerca.

Per accompagnarvi nel vostro percorso da liberi professionisti non devo essere una libera professionista perfetta. Devo semplicemente sentirmi libera, io per prima, di comunicare e raccontare la mia evoluzione, le mie paure, la mia trasformazione costante.

Lavorare freelance è un viaggio senza meta. 

Non esiste un’isola paradisiaca in cui approdare dopo tanta fatica. 

La meta è il viaggio stesso ed io non voglio più smettere di raccontarvelo. 

Di raccontarvi come ci si sente prima, durante, e dopo una tempesta.

A bordo ci saranno i giocattoli, i cartoni animati, i film di animazione. 

Ci saranno le nuvole, ci saranno le parole. Ci saranno i progetti per i nostri clienti. I miei collaboratori.

Ci sarò io, con tutte le virate che mi porto dentro. 

E se il pathos mi ammazzerà il fatturato, potrò comunque dire di aver raccontato una storia vera, in cui magari possiate davvero identificarvi, per sentirvi meno soli. 

Posso sempre costruire altre barche comunque, anche se questa qui, sapete che vi dico? 

Non mi dispiace affatto. 

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Ed ora, piccola comunicazione:

Oggi chiudo la pagina Instagram del Club e dopo tanto tempo ricompongo i pezzi di Juice. Torno ad essere una, con anime diverse. Il blog resta, per ospitare tutti i miei pensieri (e non solo) sul vivere e lavorare freelance. 

La pagina IG del Club era nata con lo scopo principale di differenziare, visivamente, i contenuti di Juice da quelli creati esclusivamente per freelance.

Oggi so che tutte le mie ricerche possono convivere in Juice e lavorare insieme, e sono molto felice e sollevata di averlo finalmente compreso.

. . . .

D’ora in poi, Juice sarà tutta su questo profilo 🙂