Giochiamo.

Se poteste scegliere di avere uno o più superpoteri, quali sarebbero e perché?

Comincio io per rompere il ghiaccio.

Ne vorrei due, per l’esattezza.

Uno l’ho sempre desiderato, fervidamente.

Uno, invece, mi è sempre parso irrealizzabile. 

Cominciamo con il primo. Ha un nome complicatissimo ma d’altronde, capirete, sarebbe qualcosa di straordinario.

Superpotere numero 1: 

“Trascrizione simultanea dei miei pensieri, con backup periodico e raziocinante cernita del materiale adoperabile.”

Sono le 2.22 di una notte di inizio gennaio e fino a pochi minuti fa me ne stavo raggomitolata sotto al piumone, con una mascherina a forma di coniglietto ad impacchettarmi la fronte.

Provavo, con scarsi risultati, ad addormentarmi, e senza alcun supporto. Mi capita spesso di dover ricorrere a stratagemmi di ogni tipo per prendere sonno: ascolto ASMR con le cuffiette, conto da 10.000 all’indietro, provo a ridipingere con la mente i quadri che amo di più, recito a memoria il mio monologo preferito dell’opera teatrale di Marlowe (questo solo in casi molto, molto estremi). 

Quando niente di tutto ciò pare funzionare, succede una cosa per quanto mi riguarda insostenibile: la mia mente comincia a scrivere. 

Comincia tutto con un pensiero, magari astratto, e poi lei inizia a produrre. Prima qualche parola sparsa. Poi una breve frase. Un paragrafo, un capitolo. 

Succede da sempre, da che io ricordi. 

Potrei lasciarmi andare a quei racconti e potrebbero essere loro, lo stratagemma perfetto per addormentarmi. 

La questione seccante è che molte delle cose che penso in bilico tra il sonno e la veglia, sono cose che vorrei poter conservare, perché paiono inspiegabilmente sensate o interessanti, anche quando sono disordinate, imprecise, surreali. 

Più lo sono, disordinate, imprecise, surreali, più desidero tenerne traccia.

Quando accade…scoppia la guerra.

Il mio corpo desidera con ogni sua cellula cadere in un sonno profondo e quella parte di me cerca di convincermi:

“Tranquilla, domattina ricorderai tutto, nulla andrà perduto”.

L’altra parte, però, incalza:

“Non scherziamo. Fuori dal piumone e scrivi tutto subito. Se non acchiappi le parole andranno da qualcun altro.”

Vince, quasi sempre, lei. 

Quando perde, mi ripeto, ho regalato un romanzo a qualcuno che se ne prenderà cura più di me. 

Così mi ritrovo costretta a scivolare fuori dalla mia morbida nuvola, calo i piedi a terra, sul marmo ghiacciato, mi infilo le pantofole e mi trasferisco alla scrivania, cercando di rimettere in ordine le parole, come sto facendo ora. 

Il “superpotere della trascrizione simultanea dei miei pensieri, con backup periodico e raziocinante cernita del materiale adoperabile”, cambierebbe la mia vita in meglio. Questo è certo. 

Potrei addormentarmi senza paura di perdere qualcosa. Ripristinare il backup l’indomani e rielaborarne il contenuto a mente lucida. 

Questo superpotere tornerebbe utile in moltissime altre occasioni, ad esempio quando sono sull’autobus, quando sto camminando di corsa. Quando sono estremamente triste o quando mi bruciano gli occhi e non riesco a stare davanti allo schermo. Quando sono in coda per il bagno. 

Ho sempre pensato a quanto sarebbe straordinario, un superpotere del genere. 

Oggi, dopo più di metà della mia vita passata a pensare “qualcuno dovrebbe inventarlo”, in preda ad una delle mie trascrizioni manuali, alle 2.35 di questa notte di gennaio, scopro cercando su Google che il mio desiderio è in elaborazione. 

Pare sia questa la situazione:

succede alla Columbia University e i risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Scientific Reports.

In buona sostanza: 

Quando pensiamo a qualcosa, il nostro cervello “svolge un’attività di linguaggio tracciabile”. Accade lo stesso mentre leggete questo articolo in silenzio, se lo state leggendo (se lo state ascoltando, spero vi aiuti a dormire). 

Bene, alla Columbia University un team di ricercatori ha insegnato ad un sistema a riconoscere questa tipologia di attività. 

Questo sistema ha effettivamente “registrato” e successivamente ricreato il suono prodotto dal cervello dei tester, mentre eseguivano un conteggio mentale da 1 a 9. Risultati attendibili e riconoscibili per il 75%. 

Settantacinque-per-cento. 

Provo ad immaginare quante cose potrebbero cambiare in meglio, per la vita di molte persone, se questo sistema funzionasse davvero e con una percentuale di attendibilità sempre più elevata. 

Persone che magari non hanno la possibilità di parlare e che non desiderano un superpotere del genere solo perché sono pigre e preferiscono rotolarsi sotto al piumone. 

Ad ogni modo, ora stiamo giocando e tralasceremo eventuali discorsi collaterali ai superpoteri. 

Dopo aver fatto questa strabiliante scoperta, comunque, mi sono interrogata più a fondo.

Se il “superpotere della trascrizione simultanea dei miei pensieri con backup periodico e raziocinante cernita del materiale adoperabile” diventasse un’app, la utilizzerei, anche qualora non mi fosse davvero necessaria?

Rabbrividisco e mi rispondo che forse no, quel superpotere non lo vorrei più. 

Sempre tenendo conto dell’aspetto ludico della faccenda, le ragioni potrebbero essere le seguenti:

  1. Se ce l’hanno tutti, non è più un superpotere
  2. Se tutti hanno quel superpotere e io continuo a trascrivere i miei racconti e le mie idee a mano, alzandomi dal letto, a piedi scalzi, nel cuore della notte, sono io ad avere il superpotere

Mi seguite? 

Mentre condivido con voi questi pensieri mi rendo conto di aver appena parlato di un tema caldo per questo periodo, senza volerlo fare direttamente. Mi riferisco al dibattito sull’intelligenza artificiale e tutto il patatrac scatenato da Lensa, l’app che vi ritrae come Avengers, per rimanere in tema, alla modica cifra di 5,00€ e che moltissime persone hanno utilizzato di recente, invadendo i social di ritratti fenomenali. 

Molt* artist* sono insort*, perché un superpotere del genere rischia di debellare l’arte nella sua forma più pura e di sminuire l’unicità delle opere concepite dalla mente umana, dal cuore, dalle mani. 

Anche sistemi come Lensa portano con loro un’affascinante e soprendente progresso tecnologico che potrebbe senza dubbio essere utilizzato per scopi nobili.

Noi, però, stanotte parliamo di superpoteri, ricordate?

E non è in effetti già un superpotere arrenderci alla scintilla creativa e lasciare che ci esploda dentro? Perdere il controllo e abbandonarci alla magia dell’intuito, dell’assurdo, dell’inaspettato?

A volte i racconti più affascinanti, le opere da togliere il fiato, le canzoni più emozionanti, nascono proprio così: quando non ne vogliamo sapere di alzarci dal letto. Quando siamo distratt* a fare altro. Quando stiamo tentando, disperatamente, di controllare ogni cosa, anche i nostri pensieri…e ad un tratto non ci riusciamo più. 

Questo superpotere qui, l’intelligenza artificiale, non credo possa replicarlo, almeno per ora. 

Potrà sicuramente raggiungere livelli di “improvvisazione” elevati, ma pur sempre di artificio si tratta. 

L’arte, invece, nel senso più puro e non etimologico del termine, è altro. 

È slancio vitale. 

Quel calore che ti scalda e ti scuote a notte fonda e ti fa battere il cuore ad un ritmo diverso. 

Quella cosa che ti fa pensare, all’improvviso “non posso perdermi ciò che sta succedendo ora” e ti solleva da dovunque ti trovi, per portarti altrove. 

Un soffio, una brezza viva, impossibile da ricreare con qualsivoglia artificio. 

Ed eccoci, dunque, al secondo superpotere, quello che fino ad ora mi pareva irrealizzabile.

Ha un nome meno complesso del primo, non preoccupatevi. 

Superpotere numero 2:

Volare. 

Dopo queste parole realizzo…di averlo già, almeno un pochino. 

E, ne sono assolutamente certa, se anche voi lavorate con la mente, le mani, il cuore, l’avete anche voi.

Potrete quindi capire 

il mio meraviglioso disorientamento 

nel rendermi conto, 

alle 3:13 di questa bizzarra notte, 

che Peter Pan, 

70 anni fa, 

aveva ragione. 


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