Freelance e malattia, cominciamo così: due parole che proprio non possono convivere sulla stessa riga.

Alla fine, dopo due anni passati a schivarlo come nel più insidioso dei videogames, il Covid l’ho preso pure io. Vorrei poter dire che si è trattato di un semplice raffreddore, la verità è che sono stata travolta da un treno in corsa e per 10 giorni sono stata completamente k.o.

La gestione del lavoro e dei clienti, durante la malattia, è sempre stata un tasto dolente, perché nonostante abbia strutturato la mia attività per farla “sopravvivere” anche quando io mi ritrovo a terra, c’è un’emozione con cui devo fare i conti, da sempre:

Il senso di colpa

Il corpo sa di cosa ha bisogno. Sempre. E quando è troppo, lo chiede a gran voce.

Quando accade e richiede un time-out è fondamentale ascoltarlo. Difficile, però, fare pace con la mente che anche durante la malattia, molto spesso, corre veloce. “Non posso fermarmi”, “ho troppe scadenze”, “perderò clienti”. Un’escalation di scenari apocalittici che si consumano durante i nostri deliri, mentre siamo febbricitanti, vulnerabili e in preda al panico.

Ci chiamiamo “liberi” professionisti ma quando stiamo male, spesso, ci sentiamo tutt’altro che liberi. Non abbiamo un vero datore di lavoro ma quando stiamo male, diventiamo il peggior datore di lavoro di noi stessi.

Vorremmo rialzarci subito. Non fermarci, mai. Perché siamo cresciuti con questa malsana idea del:

Chi si ferma è perduto.

Io, il film di Totò del 1960 non l’ho mai visto, ma forse dovrei approfondire per indagare le origini di questo detto pericolosissimo.

Mi piace pensare, dopo dieci anni di attività, che fermarsi, anche provvisoriamente, sia condizione necessaria per superare quegli ostacoli in maniera più efficace.

Quando provo quel dannato senso di colpa mi fermo, respiro, e mi ripeto: non sto gareggiando. Non c’è un traguardo finale che devo raggiungere nel minor tempo possibile. La corsa ad ostacoli della mia libera professione durerà (penso, spero) tutta la vita. Preferisco affrontare gli intralci e le barriere a modo mio. Se arrivo stanca e con il fiatone davanti ad un muro senza appigli, preferisco trattenermi per un momento. Osservare. Studiare la parete e trovare un modo per arrivare dall’altra parte, tutta intera.

Se provo a lavorare con la febbre a 39, cosa può succedere?

  • Rischio di consegnare un progetto di bassa qualità – notevole
  • Rischio di non elaborare in maniera lucida i feedback – elevato
  • Rischio di rispondere male ad un cliente infastidito, nel pieno di una tempesta emotiva – elevatissimo
  • Rischio di prendere decisioni sbagliate e controproducenti per l’attività – iperbolico
  • Rischio di strascichi a livello di salute (fisica e mentale) – incalcolabile

“Ma Juice, io non ho scelta. Non posso fermarmi”

Lo so, a volte è davvero difficile mettere tutto in standby, anche per me. Però, siamo esseri umani e nonostante i tranelli della libera professione, abbiamo anche noi il diritto di prenderci cura di noi, quando non stiamo bene. Il mondo non detonerà se chiediamo di posticipare una deadline. Non esploderà neppure se decideremo di essere sinceri con i nostri clienti, facendo presente che abbiamo bisogno di una tregua, per poter dare il nostro meglio una volta rientrati.

Lo fanno persino i pugili. Non siamo su un ring, d’accordo, ma tra un colpo e l’altro è assolutamente essenziale la ripresa.

Se le deadline sono quelle di un reparto di cardiochirurgia, si troverà una soluzione alternativa. Magari, azzardo, si troverà anche un cliente alternativo.

Il senso di colpa, amici freelance, è del tutto normale, comunque, ed è il rovinoso risultato di una comunicazione velenosa a cui siamo esposti (volontariamente ed involontariamente) ogni giorno, sui social e nel mondo reale.

Se decidete di fermarvi, ogni tanto, non siete perduti.

Siete, semplicemente, esseri umani. Siete, in aggiunta, intelligenti.

Proviamo a disintossicarci insieme da questa pericolosa credenza.

A livello pratico, ecco alcune cose che consiglio, a tutti i i liberi professionisti, per affrontare più serenamente i momenti di time-out.

Trovare qualcun* di cui ci fidiamo, a cui poter delegare almeno una parte del lavoro

Non è semplice, non lo è affatto. Soprattutto quando il nostro lavoro richiede necessariamente la nostra mano (parlo per chi rientra nella categoria degli artigiani, degli illustratori, dei creativi, più in generale). Però, proviamo a chiederci: ci sono aspetti della nostra attività che possiamo delegare, qualora le cose dovessero mettersi male? Magari non troveremo qualcuno che disegni esattamente con il nostro stile ma possiamo, forse, trovare qualcuno che:

  • possa rispondere alle email dei clienti al posto nostro, per qualche giorno?
  • possa aiutarci a riprogrammare deadline e attività varie, riordinando il nostro calendario?
  • possa aiutarci a livello burocratico e fiscale e con le attività di segreteria mentre siamo off?

Se poi riusciamo a trovare qualcuno di fidato che possa proprio sostituirci nelle attività vere e proprie, ancora meglio. Quella persona/quelle persone saranno la nostra salvezza nei momenti più bui.

Per gestire il lavoro da remoto in caso di crisi, può essere molto utile creare una bacheca SOS su Asana o Trello, con una sorta di vademecum per chi ci aiuterà.

Io, per esempio, ho una bacheca su Asana con:

  • Modelli di risposte email (da adattare in base alle esigenze)
  • Indicazioni che riguardano tutti i clienti con cui sto lavorando (contatti, accesso ai loro siti web e cartelle con materiali utili)
  • Lista delle scadenze prossime
  • Lista dei collaboratori da contattare in caso di emergenza
  • Un piccolo vademecum sul flusso di lavoro per le varie tipologie di progetto
  • Un piccolo vademecum su come esportare i file esecutivi per ciascun cliente

Per come gestisco io lo studio, non potrei fare a meno di Dropbox. Ho una copia di tutti i progetti e file dei nostri clienti in cloud, e i miei collaboratori hanno libero accesso all’archivio, da cui attingere in caso di bisogno.

Stipulare una polizza assicurativa, per malattia e/o infortuni

Io non l’ho fatto subito, e fortunatamente non ne ho avuto bisogno nel periodo in cui sono rimasta, imprudentemente, “scoperta”. Ad un certo punto, però, quando sono aumentate le trasferte, le riunioni fuori casa e la mole di lavoro, ho capito che avrei avuto bisogno di una piccola sicurezza in più. Non entrerò nel merito della mia polizza assicurativa, dovete cercare quella giusta per le vostre esigenze.

Vi segnalo, a tal proposito, questo interessante articolo di ACTA: Assistenza sanitaria per freelance. In generale, vi consiglio di tenere sempre d’occhio le loro news. ACTA si batte per temi di grande rilevanza per chi lavora come freelance:

(1) diritto per il lavoro indipendente ad essere riconosciuto, valorizzato e rappresentato nelle scelte economiche e politiche; (2) equo welfare con prestazioni adeguate a fronte di un’elevata contribuzione INPS; (3) equa fiscalità che non ci discrimini rispetto al lavoro dipendente e ci tuteli nel rapporto con l’Agenzia delle Entrate.

Lavorare con clienti che ci facciano stare bene

Lo so, questo è un capitolo davvero spinoso. Non è sempre facile e non è sempre possibile scegliere con chi lavorare. Non possiamo neppure prevedere, quando accettiamo un incarico, come si svilupperà la nostra relazione con i clienti.

Potrebbe essere amore a prima call, ma la nostra relazione affronta un test importante nei momenti di crisi, proprio come nelle relazioni sentimentali.

Nei momenti difficili capiamo davvero se quei clienti sono giusti per noi (e se noi siamo giusti per loro).

E “giusto” non significa solo “genera profitto”.

Una relazione professionale deve certamente generare una rendita, deve però anche rispecchiare i nostri valori e la nostra etica (professionale e non solo). Porta benefici a noi, come professionisti, e ai nostri clienti.

Il cliente giusto per me (Juice), magari è diverso dal cliente giusto per voi. Preparate una lista.

Il mio cliente ideale, ad esempio, risponde con gentilezza e comprensione quando gli dico “potrebbero esserci dei rallentamenti, perché non sto bene” oppure “delegherò una parte del lavoro ad una collaboratrice fidata, ma supervisionerò il tutto”. Magari non potrà posticipare la deadline per esigenze interne, ma certamente farà del suo meglio per mettermi nelle condizioni di lavorare con serenità. Eviterà di mettermi pressione e avrà fiducia in me e nella mia capacità di affrontare la crisi e consegnare quanto concordato, magari con modalità diverse.

Il cliente che risponde con “non è un mio problema”, non è un cliente giusto per me.

E sì, a volte non possiamo permetterci di perdere un cliente nemmeno quando è riluttante all’idea di empatizzare con noi.

Mi è capitato e quando è capitato, ho portato a termine il lavoro e poi mi ripromessa di non cascarci più.

Spesso pensiamo che perdere un cliente sia una sconfitta. A volte, invece, è un guadagno.

Il tempo che liberiamo da quella relazione complicata, potremo riempirlo con una relazione di valore, e che generi sì del profitto, ma anche del benessere.

Non guardiamo solo al “buco” di fatturato che generiamo prendendo una decisione come questa. Guardiamo in prospettiva. Rivendichiamo anche questa libertà, quella di scegliere con chi relazionarci per stare bene.

Superata la crisi, saremo felici di tornare al lavoro e recuperare quel tempo sospeso.

Nota a margine: può essere utile considerare di inserire, all’interno dei nostri preventivi/contratti, una clausola che regoli le situazioni di crisi (malattia, cause di forza maggiore, pioggia di cavallette ecc.). Non possiamo prevederle tutte, certo, ma se studiata bene può essere una forma di tutela in più, per noi ma anche per i nostri clienti. Da valutare attentamente, caso per caso, insieme al nostro commercialista e avvocat*.

Informarsi, sempre

Restare informati su bonus, indennità e agevolazioni fiscali è fondamentale se lavorate come liberi professionisti. Quando avete un dubbio, chiedete sempre al vostro/alla vostra commercialista, e poi tenete d’occhio i canali ufficiali di INPS e le associazioni come ACTA e Freelancers Union.

Chiedete anche consigli e pareri ai vostri colleghi.

E, a tal proposito, un ultimo consiglio.

Quando amici e/o colleghi freelance si trovano in difficoltà, offrite, se potete, il vostro aiuto. Mettete a disposizione le vostre risorse, siate generosi. Potreste pensare di non avere abbastanza da offrire, ma nei momenti di difficoltà anche un piccolissimo aiuto può davvero fare la differenza.

Sembra banale, me ne rendo conto. Però, la generosità e la condivisione sono una cura sorprendentemente efficace.

Quando sarete in difficoltà, guardatevi intorno.

Non vi sentirete mai più soli.

Vuoi ascoltare l’articolo? Ecco qui la versione audio!

Altri spunti di riflessione

Potreste anche trovare utile questo vecchio articolo, su come continuare a lavorare in un periodo nero 🙂

A presto,

Juice